Il governo Meloni taglia sulla sanità, ma poi incontra il personale sanitaria lucano in campagna elettorale

Nessun investimento e nessuna tutela per la sanità pubblica, lo conferma anche la Corte dei Conti nella sua relazione in Parlamento. E con l’autonomia differenziata in Basilicata verrà meno l’accesso al diritto alla salute

 

Il governo Meloni riduce i fondi per la salute di cittadini e cittadine, smantella il servizio sanitario nazionale, destina risorse ai privati, promuove l’autonomia differenziata accrescendo il gap tra il nord e il sud del Paese nel livello delle prestazioni, accertato anche dalla Corte dei Conti nella sua relazione in Parlamento, ma poi sceglie la Basilicata in piena campagna elettorale per incontrare il personale sanitario e parlare di “prospettive” future. Mai così tanti ministri sono venuti in questi giorni in Basilicata quanto in due anni di governo.

Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, domenica 7 aprile sarà in visita addirittura in due presidi, all’ospedale San Carlo di Potenza e al Crob di Rionero. Sarà l’occasione, ci auguriamo, per spiegare quanto la Corte dei Conti ha confermato ed è già stato denunciato dalla Conferenza delle Regioni. Vale a dire perché dal capitolo per la sanità del Pnrr è stato cancellato oltre un miliardo e come il governo intenda sostenere le risorse per effettuare lo stesso gli interventi previsti se da un lato il fondo da cui si dovrebbero recuperare, l’ex legge 20 sull’edilizia ospedaliera, è già destinato - e in ogni caso anche se fosse disponibile comunque le opere del Pnrr si realizzerebbero togliendo soldi ad altro – e dall’altro, non essendoci più i vincoli temporali dettati dall’Europa, in quanto tempo è prevista la realizzazione dei progetti in questione.

È bene inoltre ricordare che con il decreto-legge del 2 marzo n.19 vengono tagliate pesantemente sia le risorse del ministero della Salute, per oltre 676 milioni di euro, abbandonando la sanità territoriale e mettendo in seria discussione la riforma prevista dal Dm 77/2022, sia quelle delle Regioni sulla sanità, per circa 1,8 miliardi. La revisione del Pnrr, inoltre, riducendo i progetti della missione 6, taglia il 30% delle case di comunità e il 24 % degli ospedali di comunità, lasciando indietro i più fragili affetti da patologie croniche, in quanto verrebbero meno i servizi essenziali per la loro presa in carico. Il tutto spostando risorse dal pubblico al privato, tanto che le pochissime risorse stanziate in legge di bilancio per abbattere le liste d’attesa sono state destinate alle strutture private, anziché utilizzate per ampliare la capacità di quelle pubbliche di effettuare indagini strumentali e visite specialistiche e assumere personale.

Sempre la Corte dei Conti attesta come il contenimento della spesa pubblica sanitaria e il conseguente fenomeno dell’ingigantirsi delle liste di attesa fanno registrare una spesa privata al di fuori del Servizio sanitario nazionale molto elevata, superiore a quella degli altri paesi dell’UE. Nel 2022, in Italia la spesa diretta a carico delle famiglie è stata il 21,4% di quella totale, pari ad un valore pro capite di 624,7 euro, in crescita del 2,10% rispetto al 2019, con ampi divari tra Nord (che spende mediamente di più) e Mezzogiorno. Confrontandola con quella dei maggiori paesi europei, a fronte del 21,4% di quella italiana, corrispondente, a parità di potere d’acquisto, a 920 dollari pro capite, l’out of pocket in Francia raggiunge appena l’8,9% del valore totale (corrispondente, per il 2021, 544 dollari pro capite), l’11% in Germania (882 dollari pro capite). Ed è qui che nasce e si alimenta l’inaccettabile forbice tra nord e sud, tra chi può e chi non può permettersi di curarsi.
La Corte dei Conti ha poi dedicato un approfondimento particolare ad un altro punto dolente quanto a “possibilità personali”: la compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie attraverso il pagamento del ticket. Anche in questo settore si registra un calo non indifferente quanto indicativo. In particolare, nel 2021 le risorse ammontano a 968,68 milioni, con una riduzione del 28,63% rispetto al 2019 (oltre 1,3 miliardi), e in lieve ripresa rispetto al 2020 (823,5 milioni). I ricavi da ticket per abitante, nel 2021, erano pari a 17 euro, in riduzione di 6 euro rispetto al valore del 2019 (23 euro).

Riflessi simili si hanno in materia di prevenzione. Mentre a livello generale il Paese si colloca in un range superiore alla media Ocse, in quello regionale "si apprezza una minore compliance delle Regioni meridionali, le cui popolazioni aderiscono in misura assai ridotta all’attività di screening e presentano, in media, una situazione di aspettativa di vita complessiva e di multicronicità con limitazioni gravi a 75 anni assai meno favorevoli del Centro-nord".

Se al report della Corte dei Conti aggiungiamo i dati regionali relativi alla mobilità sanitaria passiva che ha raggiunto la cifra per l’annualità 2021 di 83.482.904 euro, un dato elevatissimo, soprattutto se rapportato alla popolazione residente e il penultimo posto della Basilicata tra le Regioni adempimenti ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e un disavanzo di gestione della sanità che, seppur ridotta, è pari a 9,902 milioni, è evidente come i tagli del Governo Meloni avranno un impatto diretto sulla condizione di salute delle persone, che insieme all’assenza di investimenti sulla prevenzione rende sempre più chiaro il modello di sanità che ha in testa il governo: una sanità di mercato, a consumo, immaginando un grande supermarket delle prestazioni. A conferma di ciò sono i gravissimi i ritardi accumulati nell’utilizzo dei fondi: la missione salute ha la percentuale più bassa di realizzazione.

L’autonomia differenziata sarà poi il colpo di grazia per il Mezzogiorno e per una piccola regione del sud già in affanno, con un conseguente aumento della migrazione sanitaria e le stesse regioni del nord che non saranno in grado di rispondere all’eccessiva richiesta. distruggendo l’intero sistema sanitario italiano. Il rischio concreto sarà quello di dover rinunciare per sempre alla più grande conquista sociale del Paese e ad un pilastro della nostra democrazia, la sanità pubblica, stravolgendo i nostri princìpi solidaristici a favore di un regionalismo competitivo, lontano dal disegno della nostra carta costituzionale. Per questo siamo fermamente convinti che l’autonomia differenziata vada fermata: quel disegno non porterà alcun miglioramento delle condizioni di vita e di benessere che annuncia, non solo al sud, ma anche al nord, in quanto, abbassando lo standard minimo di assistenza e non garantendo più alcuna uniformità nazionale, conducendoci verso un sistema sanitario privatistico e uno stato sociale minimo residuale.

Se consideriamo che il 7 aprile è anche la Giornata mondiale della salute e che sulla condizione del nostro sistema sanitario nazionale si è aggiunto anche l'allarme per la sanità pubblica di Nobel e scienziati per la sanità, ci sembra questa l’occasione giusta per rimarcare, proprio al ministro Schillaci, che la sanità pubblica lucana e nazionale ha bisogno di tutele e investimenti, non di inutili passerelle elettorali di cui i lucani sono pienamente consapevoli.

 

Potenza, 5 aprile 2024

Segretaria generale Fp Cgil Potenza
Giuliana Pia Scarano