matteo-renzi

In riferimento al dato della produzione industriale nazionale a luglio (ISTAT-11settembre) si registra un andamento in linea con la modesta ripresa in atto, prevalentemente trainato dall’auto. Come riferisce lo stesso istituto, l'aumento delle esportazioni di autoveicoli da Piemonte, Basilicata, Emilia-Romagna e Lombardia spiegherebbe per un terzo l'incremento dell'export nazionale nel primo semestre del 2015, non a caso Potenza è tra le 4 province a sostenere maggiormente le vendite sui mercati esteri.

Per quanto riguarda la produzione, anche qui non è un caso se “i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della fabbricazione di mezzi di trasporto (+20,1%)”(ISTAT).

Rispetto agli ultimi dati dell’ISTAT sull’occupazione di agosto, bisogna però usare prudenza nel parlare genericamente di ripresa, così come prudenza bisogna usare rispetto all’aggiornamento INPS dell’Osservatorio del Precariato.

Intanto l’Italia continua ad essere il fanalino di coda dell’Europa per quanto riguarda la produzione, poi le caratteristiche dei numeri emersi palesano una realtà in cambiamento su cui sarà bene tornare, pur considerando i timidissimi accenni di una ripresa anomala, specie se al Sud l’industria presenta performance non brillanti; la Svimez al riguardo ha parlato, recentemente, di rischio desertificazione.

Per quanto riguarda l’occupazione è valutabile plasticamente un effetto differito, se non proprio irrilevante, degli ultimi cambiamenti apportati dal jobs act: non si registra un avanzamento dei contratti stabili essendo, fino a settembre, ancora i contratti a termine la parte più consistente della variazione in positivo.

Stando ai dati ISTAT di fine agosto e guardando i dati sui nuovi occupati suddivisa per tipologia, le statistiche mostrano un incremento dei lavoratori a termine percentualmente maggiore rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato. I primi crescono del 3,3%, i secondi dello 0,7%. Con la evidenza che il Jobs Act non avrebbe inciso più di tanto, se non nel computo delle trasformazioni di questi ultimi mesi.

Sostanzialmente si può dire che al calo degli occupati 15-34enni e 35-49enni (-2,2% e 1,1%, rispettivamente), continua a contrapporsi (secondo il comunicato dell’ISTAT) la crescita degli occupati ultra 50enni (+5,8%), “anche a motivo delle mancate uscite dal lavoro generate dall’inasprimento dei requisiti per accedere alla pensione” (cit. ISTAT).

Ma la vera novità consiste nel cambiamento graduale di pelle dell’occupazione lucana, su cui intanto è bene rappresentare una tendenza al miglioramento non da quest’anno ma, come sottolineato in precedenza, già a partire dal 2013, anno in cui non è ancora possibile collocare una fuoriuscita dalla crisi ma un rallentamento della stessa.

Se consideriamo gli occupati per settori, possiamo vedere come le maggiori variazioni, tra il 2013 ed il 2014 e tra il 2014 e quest’anno (secondo trimestre), si riscontrano nel settore dei servizi, passato da un +1,4% ad un +8,5% per quanto riguarda gli occupati dipendenti. Sempre per gli stessi e negli stessi periodi di riferimento, c’è un rallentamento per quanto riguarda gli occupati dipendenti nel settore dell’industria in senso stretto, da un +14,5% ad un +10,0%. Con ciò non si intende sostenere un crollo del settore ma piuttosto evidenziare un tendenziale cambiamento delle dinamiche occupazionali nel contesto produttivo regionale, con specifico riguardo al traino rappresentato dall’automotive e dagli ultimi dati sull’export rappresentati in precedenza. Cambiamento ancor più evidente se si guarda agli anni precedenti e se si guarda, soprattutto, alla fortissima variazione nel settore agricolo sulla platea degli occupati dipendenti (-42%).

Angelo Summa                                                                                                                                Giovanni Casaletto

Segretario CGIL Basilicata                                                                                                 Presidente IRES Basilicata