genovesi

Non so se si sta giocando a calcio o a scacchi, ma una cosa è chiara: i passi avanti fatti sono insufficienti e la vertenza Petrolio deve continuare, con però una dimensione nuova, anche perché un corto circuito politico, sociale ed istituzionale è prossimo (temo) ad innescarsi.

Per questo, dopo aver ascoltato il Presidente Pittella e le dichiarazioni del Mise, mi permetto di proporre una riflessione che altro non è che un primo bilancio di chi ha sostenuto le ragioni della Basilicata nei confronti del Governo, senza rincorrere la propaganda ma cercando di difendere le ragioni dei più deboli. Del resto la piattaforma della Cgil (e poi di Cisl e Uil) sul petrolio non nasce oggi, ma da almeno due anni, da discussioni con i lavoratori, i sindaci, nel nostro recente congresso: salute e tutela ambientale prima di tutto, governo democratico dei processi avviati (cioè governo dell'autorizzato ma non altre trivellazioni), contrattazione a tutela dell'occupazione e del salario, risorse del petrolio per coesione sociale, infrastrutture e manifatturiero per uscire dalla dipendenza dal petrolio stesso (da qui la proposta di superare la card benzina, di una "nuova Sata", ecc.).

Discutere di questa prima fase del confronto con il Governo è ora fondamentale per le forze politiche e per le istituzioni locali, ma anche per le forze sociali e produttive che tanto si sono spese per tenere aperto un confronto sin dai tempi di Zanonato.  Quando un vuoto politico produsse il tradimento del Memorandum che pure tanto conteneva (e contiene) di utile e giusto. Tutti dobbiamo interrogarci, sia a sinistra (Pittella, Speranza, Bubbico, Folino, Luongo, Lacorazza, De Filippo) che nella destra, sia chi è espressione del mondo imprenditoriale e associativo, sulla necessità di non ripetere uno spartito "stonato".

Anche perché ritengo possa essere di interesse anche per il Governo Renzi che questa discussione si faccia, al di là delle prove muscolari e mediatiche, perché una frattura tra interessi nazionali e interessi locali, tra dinamiche di rappresentanza entrambi legittime, tra istituzioni -soprattutto su un tema così delicato- non aiuta nessuno ed indebolisce la tenuta democratica complessiva.

Ma perché affermo che "dobbiamo fare un punto" per continuare una vertenza che ha ancora molte questioni aperte?

Basta ricostruire i diversi passaggi a partire dal Consiglio dei Ministri di fine agosto quando si era usciti con due riconoscimenti (uno significativo, uno parziale), un problema grande come una casa (che è poi l'impostazione politica che il Governo Renzi ha voluto dare, nei giorni successivi, in relazione a quale rapporto tra Stato e Basilicata) ed un'omissione sensazionale.
Il problema era (ed è) una centralizzazione degli iter autorizzativi, con grave vulnus alle potestà degli enti locali che andavano (e vanno) salvaguardate dentro una cornice di attenzione e responsabilità alle esigenze nazionali senza però espropri. Questo a tutela dell'ambiente e salute oltre che per garantire una programmazione di medio periodo oltre il petrolio. I due riconoscimenti invece erano: uno parziale con l'esclusione delle royalties dal Patto, derivanti dall'aumento delle estrazioni, per il triennio 2015-17 (e la parzialità stava nel non riconoscere il contributo che già la Basilicata da con i suoi 80 mila barili; un ricatto, funzionale alla strategia comunicativa di Renzi che ha raccontato al Paese una Basilicata che non contribuisce). Il secondo riconoscimento, quello concreto e positivo, che destinava il 3% delle Royalties dalla card benzina ad un fondo nazionale a vantaggio delle regioni che producevano idrocarburi (solo quelle che producevano) finalizzato alla coesione sociale. E questo senza scadenze, cioè per sempre (in quanto risorse già contabilizzate). Tanto per fare due conti si tratta di 60 milioni (del 2014) e circa 80 all'anno per gli anni successivi (per il triennio 2015/2017 cioè quasi 300 milioni, calcolati sull'attuale produzione!) che per di più, essendo su un fondo nazionale, sarebbero fuori dal Patto di Stabilità regionale permettendo così di liberare risorse per altre attività. L'omissione sensazionale (perché su questo nacque il tavolo con il Governo sin dai tempi di Letta) era, come è noto, la modifica dell'articolo 16 e relativo decreto ministeriale, il c.d. "Memorandum".

La trattativa e l'impegno da parte della Basilicata -con l'errore di impostare la discussione sul terreno emergenziale della "Basilcata muore" e delle spese correnti- alla fine hanno prodotto rispetto alla proposta iniziale del Governo qualche avanzamento ma anche qualche arretramento e dobbiamo dircelo per come è: sulla centralizzazione è rimasto in parte come prima, scritto un po' meglio (penso ai riferimenti alle reiniezioni in falda) ma di fatto il Mise ha semi commissariato la Basilicata. Per quanto si sia aggiunto (per le sole estrazioni in terraferma, mentre per le trivellazioni in mare siamo all'esproprio totale, come ricordato anche dal Presidente della Regione) il riferimento "di intesa con le Regioni" (che è passo avanti), le istituzioni lucane rimangono, infatti, "sotto botta" visto che il Governo inserisce comunque la materia dentro le potestà della normazione d'urgenza di interesse nazionale, mettendo un altro tassello per smantellare il Titolo V. Un "trucchetto" che ricorda  le famose decretazioni di urgenza di Bertolaso...

Sulle royaltiese fuori dal Patto si  è conquistato (meglio di niente) un anno in più ma sempre relativamente alle produzioni incrementali rispetto al 2013: questo con articolo 16 e memorandum c'entra poco o nulla. Alla fine gli 80 mila barili che già si producono non ci sono: il gioco di prestigio a Renzi è riuscito, il contributo dato finora dalla Basilicata al Paese è sparito.  Infine - il vero schiaffo che ci hanno dato e su cui a questo punto occorre alzare il tiro contro il Governo -  sparisce la norma sul 3% e relativo Fondo per la coesione. Giustamente è stata definita una ferita aperta, io aggiungerei però anche un'autocritica a chi materialmente ha condotto sul versante tecnico la trattativa, non capendo sin dall'inizio l'importanza che quella norma avrebbe avuto sul sistema generale e una critica feroce a quegli esponenti del centro destra che hanno preferito difendere una "bandierina" invece che gli interessi dei lucani più in difficoltà. Della modifica dell'articolo 16 e relativo Memorandum poi non c'era traccia prima, non c'è traccia oggi.

Questo il quadro, a cui si aggiunge una boccata di ossigeno di 50 milioni per il 2014, ma non di più.  In conclusione la Basilicata ed i suoi rappresentanti (a tutti i livelli) hanno perso sul terreno politico perchè non si è evitato il commissariamento dal Governo Centrale (rimane ora solo la strada dell'impugnazione presso la Corte Costituzionale per violazione del Titolo V, sia per mare che per terraferma) e non hanno incassato molto sul terreno economico. La scorrettezza del Governo appare evidente e, anche per questo, la vertenza deve continuare; per questo non possiamo dirci soddisfatti, per questo la Regione deve ora cambiare strategia.

Poiché non credo che chi per la Basilicata ha portato avanti il confronto con il Governo si sia piegato e basta (anche se qualche sherpa dovrebbe imparare a stare al proprio posto) ne posso credere che da parte del Governo si stia giocando una partita talmente rischiosa da far esplodere la rabbia delle comunità locali, con l'effetto di complicare ulteriormente le cose, la questione è capire ora come riprendere un confronto con Roma sui punti rimasti aperti e su quelli che si sono "complicati".
E soprattutto capire come rilanciare un ragionamento collettivo che sposti dal terreno "ci servono le risorse del petrolio per gestire quello che c'è" a cosa è fondamentale fare per il rilancio di questa terra, quale nuovo patto riscrivere con il Governo e il Sistema Paese a fronte del contributo energetico (ma non solo, anche ambientale e idrico) che la Basilicata da. Cioè come riscrivere le intese inter istituzionali del 1998 e 2005, affrontando la questione con una visione di sistema. Partendo da un punto, non più eludibile: una parte delle risorse comunque disponibili, siano esse di natura regionale o proveniente da royalties vecchie e nuove (Sblocca Italia) o dal ciclo comunitario 2014-2020 devono concretizzare il prima possibile il Reddito Minimo di Inserimento (pena un'esplosione sociale che alzerà la febbre oltre il sopportabile) e devono finanziare un Piano straordinario per l'occupazione giovanile.  Sulla carta carburante occorre da ora porre una "pregiudiziale" al Governo e a tutti i diversi interlocutori istituzionali per continuare a discutere.

Si affronti cioè una volta per tutte la vera contraddizione dentro cui siamo immersi dal 1998 (con la crisi che ne esaspera i tratti): serve lavoro, servono investimenti sul welfare, serve una nuova Sata, servono le due/tre infrastrutture fondamentali per rompere l'isolamento, serve una massa critica economica e progettuale perché non è possibile avere ricchezze così imponenti e oltre 30 mila famiglie in povertà assoluta e 1500 giovani che tutti gli anni se ne vanno.

Per questo si deve aprire una discussione generalizzata, un confronto a tutto campo nella società lucana, sostenendo poi le ragioni della Basilicata che è Regione responsabile, senza distinguo, senza ambiguità o personalismi. Guardando a quello che succede a Roma e a Strasburgo con occhi un po' meno provinciali, di chi sa che un destino comune va costruito, un processo complesso va governato. E su questo riequilibrare il rapporto con il governo nazionale, costruire alleanze, idee, mobilitazioni.

Alessandro Genovesi - Segretario Generale Cgil Basilicata

 

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