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"Perché c'è tanto di quel silenzio su Total, da divenire assordante?". Questo mi chiedo da qualche tempo, nonostante l'impegno sindacale, un primo maggio a Corleto, una battaglia per chiedere ed ottenere impegni politici importanti dalla Regione (ricordiamo il documento votato alla vigilia delle elezioni dalla Commissione Regionale tripartita, con i diversi impegni su 80%, ecc.), e mentre, come Cgil ed insieme ad altri, abbiamo promosso un tavolo presso il Mise per cambiare il decreto attuativo del c.d memorandum, proprio in vista dei 50 mila barili previsti a Tempa Rossa. E la domanda si ripropone, con ancor più forza, ad un anno dalla sottoscrizione del Contratto di Sito con ENI che, pur con mille limiti e contraddizioni, sta comunque funzionando (e lo diciamo noi che, più di altri, incalziamo costantemente le nostre controparti, dalla richiesta di convocazione dell'Osservatorio ambientale in seguito a quanto successo pochi giorni fa, alle costanti pressioni per la partenza effettiva del 118 nell'area industriale fino alla recente piattaforma per un contratto di secondo livello con riconoscimenti salariali e contrasto a precariato per tutti i lavoratori indotto, ecc.). 

Subito dopo la firma di quel protocollo, del resto (fine 2012-primavera 2013) sollecitammo la Regione a riproporlo, migliorato e specificatamente tarato sulla fase anche di costruzione del Centro Oli, alla Total. Come andò quell'incontro lo ricordiamo bene tutti: venne la Total e ci spiegò (all'Assessore Pittella, alle forze sociali) che nulla era dovuto, che il rispetto della legge era più che sufficiente e che, comprato qualche proiettore a questa o quella scuola, accontentato questo o quel sindaco, non capivano il senso delle nostre richieste (insomma una scena tipo colonizzatore spagnolo che incontra gli indigeni). Segui' il silenzio della politica...

Poi un fatto, di per se forse agli occhi di qualcuno poco significativo, che avrebbe dovuto (e dovrebbe) smuovere le coscienze dei tanti amministratori locali, commentatori politici, dirigenti di partito e imprenditori locali, e che la dice lunga sull'atteggiamento di Total verso la Basilicata: 3000 giovani vengono selezionati dalla Total nei due anni passati con colloqui, prove, ecc., fino a giungere a 100 ragazze e ragazzi lucani, con titoli ed esperienza, che la multinazionale definisce i migliori. Eppure, a fronte di profitti miliardari che Tempa Rossa porterà alla Total, non vengono presi tutti, non viene offerta loro un'opportunità, non si riconosce loro neanche un diritto di precedenza per future assunzioni. Cinquanta ragazze e ragazzi giustamente vengono assunti (e siamo felici per loro, augurando di fare una bella esperienza, certi che troveranno sempre, al di là di qualche strumentalizzazione da paese, una Cgil dalla loro parte) ma altrettanti (poi ridottisi ad una trentina), rimangono fuori (nonostante a regime ed entro il 2015, serviranno più di 130 addetti) e nessuno dice niente (tranne il sindacato). Allora mi chiedo: così scarsa è la sensibilità verso i giovani lucani? Così tanto abbiamo paura dei colossi del petrolio? Così poco contiamo come comunità agli occhi della multinazionale? 

Il Presidente Pittella, intervenendo qualche giorno fa alla nostra iniziativa su "giovani, lavoro, conoscenza" ha giustamente detto che il rapporto con le multinazionali del petrolio non si deve basare su questa o quella assunzione in più, cioè non dobbiamo accontentarci di briciole, che, purtroppo, qualche amministratore locale ha invece "scambiato" nel passato, con grave danno – ritengo - per progetti più ambiziosi, e soprattutto a svantaggio della collettività (anteponendo i propri e personali bacini elettorali al bene comune). Noi come Cgil lo diciamo da un bel po'. Da ultimo lo abbiamo scritto nel Piano del Lavoro e ribadito durante la nostra festa a Potenza "Liberiamo il futuro", chiedendo che l'Eni e la Total si impegnino, insieme al Governo nazionale, a "compensare" lo sforzo e il senso di responsabilità della Basilicata, portando lavoro diretto in settori diversi dall'estrazione (chimica verde, farmaceutica, bio edilizia, ecc.): una "nuova Sata", fortemente innovativa ed avanzata.

Eppure qui c'è un punto che va oltre e che interroga tutti coloro che credono (non a parole, troppo facile e troppo comodo) che i giovani meritino di avere un'occasione in questa terra, soprattutto - come nel caso dei cento in questione - se sono bravi e meritevoli, come la Total stesso ha "certificato".

Ecco: mi piacerebbe che chi venisse in Basilicata per ricavare tanti profitti, per di più in un settore così invasivo e che merita il massimo di sforzo in termini di tutela ambientale, della salute e del lavoro di qualità (a partire dalla realizzazione del Centro Oli e poi nelle ditte dell'indotto), non ci costringesse nemmeno a porre temi come questi, che "costano poco" (alla Total) e però avrebbero da subito un forte valore simbolico (si può essere giovani, fare il lavoro per cui si è studiato e farlo in Basilicata).

Sarebbe allora un segnale importante, se il nuovo tavolo di confronto tra Regione e forze sociali (convocato per  vedere se ci sono le condizioni per un nuovo "Obiettivo Basilicata 2020"), oltre a ragionare di quanto ancora occorre fare rispetto agli impegni già presi (legge sul lavoro nero, semplificazione, ecc.), oltre a mettere in campo interventi per affrontare l'emergenza povertà ed esclusione (reddito minimo di inserimento), ad indicare quelle 3-4 priorità di interventi settoriali (e un minuto dopo gli strumenti migliori per sostenerle) come indicato nel Piano del Lavoro, si ponesse da subito l'obiettivo di un nuovo "Contratto di sito, per il lavoro e lo sviluppo a Tempa Rossa", ponendo tutti insieme, Presidente della Regione in testa, una pregiudiziale alla stessa Total: ai giovani che hai selezionato, che tu reputi bravi, a tutti devi dare la loro occasione. Ce lo impone la crisi, che è economica ma anche crisi di speranza, ce lo impone la nostra idea di società, giusta e coesa, che premia passioni e volontà, ce lo impone la nostra coscienza di cittadini se vogliamo rispondere fino in fondo a quel grido di dolore e delusione che si cela dietro una maggioranza di persone che o non vota o annulla il proprio voto.

Dobbiamo, in sostanza, dimostrare, concretamente, che organizzandosi, partecipando, lottando se serve, il "futuro può essere liberato", e che arrendersi all'oggi è il modo peggiore di costruire il domani. Come Cgil, come movimento dei lavoratori unitario e confederale, continueremo a batterci: siamo certi che altri si aggiungeranno. Perchè abbiamo ragione, perché la Basilicata e il Mezzogiorno d'Italia, per le competenze che ci sono, le risorse naturali, la voglia di fare, meritano di più di un po' di compassione od elemosina.

 

Alessandro Genovesi

Segretario Generale Cgil Basilicata

 

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