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Con questa lettera la CGIL di Basilicata vuole sottoporre alla vostra attenzione i rischi e le problematicità evidenti che l'eventuale approvazione del Disegno di Legge di riforma del mercato del lavoro porterà ai lavoratori, ai giovani, alle donne, in Italia e nella nostra terra.

In particolare, pur apprezzando i passi avanti fatti in materia di licenziamenti economici (modifica dell'articolo 18), è evidente che occorra migliorare ancora, anche tecnicamente la norma proposta, garantendo che, in caso di insussistenza delle ragioni addotte dall'impresa, si debba procedere alla reintegra.

Soprattutto è evidente come la cosiddetta riforma degli ammortizzatori altro non sia che una riduzione delle tutele in atto. Non si estendono gli attuali ammortizzatori ai lavoratori precari (contratti a progetto, ecc.) che rimangono fuori dalla nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego e si penalizza il Sud (e quindi la Basilicata) in modo evidente, riducendo i periodi garantiti di indennità di mobilità dai 48 mesi attuali ai, massimo, 18 previsti dal ddl. Con effetto graduale già dal 2014, quando la crisi economica, è probabile, sia ancora in atto.

Non si riconoscerà poi più la Cassa Integrazione Straordinaria in caso di cessazioni connesse a procedure concorsuali e fallimenti e per le imprese sotto i 15 dipendenti non sono previsti meccanismi di salvaguardia del redditto (rimanendo escluse anche dagli stessi fondi di settore).
Più in generale, si rischia l'esatto contrario di una “universalizzazione” degli ammortizzatori sociali con la creazione dei fondi di settore (per cui settori ed imprese ricche avranno ammortizzatori ricchi, e settori ed imprese povere avranno ammortizzatori poveri o, non avendo nulla, dovranno accedere al fondo sussidiario che però prevede di coprire al massimo 1/8 delle ore di lavoro perse). Tra incerto futuro sugli ammortizzatori in deroga (che per tante persone oggi in Basilicata rappresentano l'unica alternativa ad uno stato di povertà assoluta) e riduzione dei periodi di copertura dell'indennità di mobilità per le regioni meridionali, si pone quindi una seria ipoteca sul destino di migliaia di lavoratori ed imprese. Dentro un contesto dove, innalzata bruscamente l'età per accedere alla pensione, richiamo di condannare un'intera generazione di lavoratori over 55 ad essere troppo vecchi per trovare un nuovo lavoro e troppo giovani per andare in pensione.

In una regione come la nostra - dove la crisi economica e occupazionale non accenna a diminuire e dove, anche dopo anni, vi sono evidenti difficoltà ad un rilancio industriale delle nostre aree - ritenere socialmente sostenibile una riduzione delle attuali tutele e degli attuali strumenti di sostegno al redditto, è sbagliato ed irresponsabile.

Infine la proposta di legge in materia di riduzione della precarietà segna pericolosi passi indietro anche rispetto allo stesso testo presentato dal Governo in sede di Consiglio dei Ministri. In particolare le modifiche apportate sull'apprendistato, sui contratti a progetto, sul lavoro accessorio, sulle partite IVA rischiano di peggiorare ulteriormente la qualità occupazione in molti settori, dall'agricoltura al turismo, dai servizi alla stessa edilizia, di fatto legittimando una condizione di precarietà che a parole si voleva ridurre.

Il tutto, è importante sottolineare, con un disegno chiaro ed esplicito volto ad applicare tutte le diverse norme della riforma al pubblico impiego e al settore della scuola, completando quel processo, avviato dal passato Governo, di svilimento di ogni funzione della contrattazione collettiva nei comparti pubblici.

Nel merito ulteriore e per i dettagli delle nostre proposte di modifica del disegno di legge, ci permettiamo di allegare le prime osservazioni della CGIL, da noi avanzate anche in sede di audizione presso il Parlamento, rimanendo a vostra disposizione per ogni ulteriore chiarimento.

Vi chiediamo al riguardo di sostenere queste nostre proposte alla Camera e al Senato e vi chiediamo la disponibilità ad un incontro, al fine di poter meglio illustrare le nostre preoccupazioni.