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Oramai quasi tutte le OO.SS. di Polizia si sono espresse in merito alla movimentazione di personale attuata recentemente dal Questore di Potenza con il metodo delle aggregazioni, comunicando il disappunto soprattutto per l’aggregazione di un collega da pochi giorni giunto in questura insieme ad altri.

Tutto condivisibile, tutto giusto, tutto opportuno e persino sorprendente registrare la denuncia della violazione di alcuni punti degli accordi decentrati sottoscritti dal Questore.

Parola mancata, impegni disattesi, nessuna certezza per le prospettive dei colleghi che auspicano da anni di poter accedere ad altre esperienze lavorative.

Ma perché tanta veemenza ora e non quando l’amministrazione, in sede locale, affida la responsabilità dell’O.P. agli Agenti di P.S.; nomina “funzionari di turno” le figure apicali del ruolo Ispettori; non fa ottemperare all’aggiornamento professionale e all’addestramento al tiro i direttivi e una gran parte del ruolo Ispettori; crea le figure dei “referenti” in seno all’U.P.G.; dispone, con una serie di richiami a sentenze e indirizzi espressi da variegati organi istituzionali, che gli Agenti di P.G. recepiscano le denunce dei cittadini, che poi dovranno essere ratificate da Ufficiali di P.G. i quali, se lo riterranno, potranno eventualmente modificarle prima di trasmetterle all’A.G., ecc. ecc. ecc.. Un DISASTRO.

Già che ci siamo, vogliamo parlare anche di ciò che accade a coloro che non si mostrano compiacenti con una parte della classe dirigente o verso alcuni dei loro fedelissimi servitori? Vogliamo chiederci perché alcuni colleghi subiscono quotidianamente le “attenzioni” di gruppetti affiatati di eroi della strada che con l’insulto, la denigrazione o con lo sperimentato metodo “Boffo” influenzano e a volte determinano i destini professionali dei colleghi che non hanno l’attitudine al servilismo?

E le colleghe? Relegate quasi sempre a compiti di gravoso lavoro, in silenzio, attente ad esprimere le loro opinioni. Sono molto attente loro. E  fanno bene, atteso che una parola di troppo, le rivendicazioni di pari opportunità  o una schietta considerazione potrebbe portarle a vivere situazioni di effettiva  discriminazione. Dopo tutto, alcune di loro, già le vivono e noi vigliaccamente assistiamo immobili a che tutto si compia quotidianamente, per anni, in silenzio. E pensare che c’è persino una commissione che si chiama “Pari Opportunità”. Una buffonata.

Quando lasciamo che tutto ciò accada, che diventi sistema, metastasi e cancro dell’ambiente di lavoro, del luogo in cui le “persone” esprimono se stesse, le loro capacità, le loro sensibilità, la loro etica; allora accade che qualcuno pensi che non ci siano difese o anticorpi all’assenza del rispetto degli elementi che regolano il vivere civile,  per cui decida di non rispettare gli impegni assunti come alto rappresentante istituzionale e soprattutto la sua parola, quella di uomo, trincerandosi dietro prerogative, che vanno sì rispettate, ma non quando esercitate in evidente contrasto con  le regole che creano equità e trasparenza.

A nostro parere, quest’ultimo atto del Questore, non trasgredisce alcuna norma, accordo o intesa. Cosa importa dargli una denominazione. Trascura semplicemente ciò che non può essere certificato o sottoscritto. I principi del buon senso, dell’idea di aver compiuto un’azione giusta, di essere stato al di sopra di tutti e aver assolto semplicemente e con coscienza alla funzione di “Questore della Repubblica Italiana”.

Questore, la esortiamo a ripensare sulle sue ultime determinazioni.  Capiamo che tale eventualità potrebbe essere scambiata per una sorta di debolezza del suo agire ma in realtà, a nostro giudizio, le darà autorevolezza e considerazione sia da parte di chi da tempo aspetta pazientemente che maturi una lunga anzianità di domanda di trasferimento dall’U.P.G., unico metro di valutazione trasparente e democratico, sia da parte di tutti noi.