Difendere il lavoro che c’è, l’impresa che resiste alla crisi investendo in innovazione e professionalità. Avanzare proposte concrete per politiche industriali, infrastrutturali e per lo sviluppo, per creare nuova occupazione. Fare emergere il tanto lavoro nero presente nella nostra regione, aiutando le aziende che vogliono competere correttamente e penalizzando quelle scorrette. In queste tre azioni è riassunta la strategia che la CGIL Basilicata sta provando a portare avanti, stringendo alleanze, incalzando il governo regionale, mobilitando le tante energie presenti.

 

E’ del resto dentro questa strategia che la mobilitazione per migliorare radicalmente la riforma Monti-Fornero sul mercato del lavoro assume un valore fondamentale. Perché le priorità vere per la Basilicata, il Mezzogiorno ed il Paese non si chiamano riduzione degli ammortizzatori sociali (perché tale effetto produce la riforma, soprattutto al Sud, riducendo la durata dell’indennità di mobilità e non universalizzando Cigo e Cigs) ne, tanto meno, facilitare i licenziamenti economici in una terra che solo negli ultimi tre anni ha perso 18 mila posti di lavoro: le priorità si chiamano lavoro, dare vere opportunità alle donne e ai giovani sempre più nuovi emigranti.

 

Ed è per questo che, insieme ad iniziative per rilanciare le politiche industriali in Basilicata, come CGIL abbiamo presentato una nostra proposta di legge contro l’economia sommersa (per chi è interessato: www.cgilbasilicata.it). Per poter incidere sulla proposta avanzata dalla Giunta regionale in queste settimane, per noi che pure abbiamo apprezzato la volontà politica di intervenire, ancora molto da migliorare se vuole essere efficace. Per poter aggredire i nodi di fondo del fenomeno che in Basilicata riguardano una forte presenza di irregolari nel settore turistico e della ristorazione, nei piccoli cantieri, nell’agricoltura (settore ancora fondamentale per l’economia della nostra regione).

 

 

Abbiamo proposto non solo di introdurre anche in Basilicata gli indici di congruità, come precondizione per accedere agli incentivi economici pubblici (in particolare intervenendo da subito sul settore dell’agricoltura, dell’edilizia e degli alberghi, essendoci già indicatori di derivazione legislativa o contrattuale disponibili), ma anche di introdurre negli appalti pubblici (e riconoscere un punteggio premiante per i privati che lo fanno) le clausole sociali per la salvaguardia occupazionale (spesso nei “massimi ribassi” si nasconde molto grigio e “fuori busta”).

 

Chiediamo di introdurre meccanismi premianti per le imprese della ristorazione che, anche in convenzione con le agenzie di somministrazione, ricorrano a tale tipologia per i lavori più brevi (pranzi per cerimonie, ecc.), con un forte coinvolgimento delle associazioni datoriali, nonché - in agricoltura - di introdurre le liste di prenotazione e di incentivare protocolli tra aziende, associazioni di rappresentanza, sindacati che garantiscano il trasporto (da e per i campi) e l’individuazione di alloggi decenti (con l’ausilio delle aziende per l’edilizia pubblica) per i lavoratori stagionali (in particolare migranti). Il tutto accompagnato da un rafforzamento, tramite specifiche convenzioni, sia dello strumento del DURC (documento unico di regolarità contributiva) anche in versione elettronica sia di una strategia di controlli sul territorio da affidare all’INPS e INAIL regionali, con l’ausilio delle forze dell’ordine.

Un sistema che ovviamente non vuole colpire o appesantire le imprese regolari (che anzi dovranno essere accompagnate e premiate) ma rendere svantaggiosi i comportamenti scorretti, guardando alle positive esperienze già in campo in Puglia e in Emilia Romagna, ma con qualche innovazione tutta nostra.

E chiedendo alla Regione di investire nel contrasto al lavoro nero: non solo perché già altre leggi regionali per l’impresa – che ci furono annunciate a costo zero – hanno poi visto “materializzarsi” risorse importanti (e quindi chiediamo pari attenzione e un po’ di coerenza alla giunta De Filippo), ma anche perché solo ridurre del 5% l’incidenza dell’economia sommersa nella nostra regione produrrebbe quasi tremila posti di lavoro regolari in più ed un gettito complessivo di quasi 50 milioni di euro: numeri importanti per una piccola terra come la Basilicata.

Questi sono i numeri che – del resto – emergono dalla ricerca che abbiamo commissionato: con oltre 49 mila lavoratori occupati irregolarmente (di cui quasi 12 mila solo nell’agricoltura e nell’edilizia), fortemente concentrati nei servizi (in particolare nel commercio al dettaglio e nel settore del turismo e della ristorazione) e nella piccola e media  industria, anche artigiana (la Basilicata conta la maggiore incidenza percentuale, nel Sud, rispetto al PIL delle attività industriali e artigiane meccaniche e di lavorazione agro industriale). La nostra proposta è quindi messa al servizio della discussione che in questi giorni si sta facendo in Consiglio regionale: ovviamente se rimarrà lettera morta – dopo la proposta – arriverà la mobilitazione per sostenerla.