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Un vecchio sindacalista amava ripetere che con “convegni e buone intenzioni” non si sfamano i
lavoratori. Mai frase più efficace potrebbe sintetizzare il rischio che in molti corrono parlando di
estrazioni petrolifere e di Eni in Val d'Agri (e non solo).

Ovviamente il tema delle estrazioni petrolifere, del rapporto tra dipendenza da fonti di energia
non rinnovabile e ambiente e quindi tra estrazioni, prime lavorazioni e salvaguardia della salute è
tema complesso che non va mai affrontato con superficialità o con eccessi. Così come non va mai
sottovalutato il rapporto tra insediamenti produttivi invasivi e comunità locali, tra bisogno di lavoro
e diritto alla salute. Vale per affrontare oggi il tema del contratto di settore, l'apporto che l'attuale
presenza dell'Eni può dare in termini di occupazione e sviluppo, varrà domani per poter discutere
con serietà e coraggio sul Memorandum, articolo 16, risorse a disposizione per la Basilicata a fronte
di eventuali aumenti delle estrazioni.

Eppure, chiarito tutto ciò, un dato politico e sociale non è eludibile: piaccia o non piaccia, l'Eni
finora non ha portato occupazione e sviluppo in quantità e qualità tali da essere vissuta come una
risorsa per la Basilicata (ed il motivo è semplice: meno di 500 assunti a tempo indeterminato sono
cittadini lucani, su circa due mila dipendenti di cui, oltre mille, precari che spesso lavorano poco
e in condizioni di salute e sicurezza discutibili; soprattutto non è stato investito in qualità e in
professionalità elevate, non è stata per nulla favorita la crescita di imprese locali di progettazione,
ricerca, alta manutenzione, servizi avanzati connessi al ciclo della produzione energetica).

Anzi la presenza dell'Eni oggi (e per la Shell domani il rischio è identico) è stata percepita, per
la scarsa trasparenza nei dati sulle emissioni, nella comunicazione tra vari soggetti preposti alla
salute del territorio ecc. (e anche per qualche facile strumentalizzazione poco scientifica e molto
politica) come un rischio permanente per la salute dei lavoratori e dei cittadini della zona. E questo
per responsabilità dell'Eni in primis e della stessa Regione che, nonostante sforzi evidenti e fatti con
spirito positivo, avrebbe potuto e potrebbe aprire ancor di più porte e finestre e soprattutto spendere,
per “mettere in sicurezza” un intero perimetro territoriale, qualche risorsa in più.
Infine, ma non per importanza, se a questo aggiungiamo che ad ogni cambio di appalto si rischia
il posto di lavoro dei pochi fortunati o – fatto altrettanto svilente in una società che predica
l'importanza delle competenze – si deve ogni volta ricominciare da zero in termini di anzianità e
livelli contrattuali acquisiti, ecco che la diffidenza dei lavoratori-cittadini della Val d'Agri cresce ed
è in gran parte motivata.

Perchè alla fine il valore economico di quanto si estrae dai pozzi è alto, ma le royalties vanno
a coprire buchi per l'ordinaria amministrazione (pur importante, ma non percepita vicina dal
cittadino) e non sono poi comunque cifre ingentissime, e la disoccupazione dei padri e dei figli
aumenta.

Quando allora come CGIL, insieme a CISL e UIL in maniera fortemente unitaria e in sintonia con i
lavoratori ed i cittadini della zona, poniamo il tema di un contratto di settore che punti ad impegnare
l'ENI a rivolgersi ad una filiera di impresa a km 0, a favorire trasferimento di conoscenze ed alte
professionalità, ad essere protagonista insieme alle parti sociali e alla Regione di un allargamento
dei perimetri per i piani di emergenza, con la predisposizione di punti di pronto intervento sanitario
(118) e dei vigili del fuoco, la costituzione di rappresentanze per la sicurezza dei lavoratori a
livello territoriale ecc. e – soprattutto - quando chiediamo di garantire continuità occupazionale
per i lavoratori di oggi e opportunità per nuova occupazione stabile domani, stiamo non solo
rivendicando quanto è giusto: stiamo provando a sfidare tutti, grandi compagnie in primis e
istituzioni, a rovesciare concretamente, nei rapporti sociali e nella percezione delle comunità locali

quanto si è andato consolidando non per responsabilità certo dei cittadini. Chiamando la politica a
fare il proprio mestiere più nobile e l'impresa ad essere concretamente responsabile per dimostrare
che si è tanto più credibili oggi, perchè ci si impegna tutti a fare atti concreti sul contratto di settore,
quanto domani quando si discuterà di memorandum.

 

Alessandro Genovesi - Segr. Gen. CGIL Basilicata