Sanità, altro che riforma e partecipazione

Con un atto monocratico il commissario del San Carlo
ipoteca il futuro della sanità lucana

 

Un commissario in scadenza ipoteca la sanità regionale per i prossimi anni. Già abbiamo fatto notare come fosse illegittimo, in mancanza delle condizioni previste dalla legge, commissariare le aziende sanitarie della Regione solo per mantenere lo status quo e consentire a direttori generali che non potevano essere più rinominati di restare al loro posto.

Oggi i nostri timori e quanto denunciato vengono confermati dal Commissario dell'azienda ospedaliera San Carlo che, di fatto in scadenza, ha presentato l'atto aziendale.

Siamo di fronte al paradosso in cui un commissario nominato nelle more dell'affidamento dell'incarico a un nuovo direttore generale prefigura l'organizzazione dell'azienda ospedaliera regionale per i prossimi anni.

Tale atto ipoteca l'assetto futuro della sanità lucana, riguardando ben tre presidi ospedalieri, oltre il San Carlo, e con ipotesi di spesa tali da influenzare pesantemente il bilancio della sanità regionale, sostituendosi di fatto al Piano socio sanitario 2018-2020 , allo stato non ancora approvato.

L'atto aziendale dovrebbe essere lo strumento con cui rispondere alle esigenze di salute
dei cittadini, partendo dalle criticità e da un'analisi accurata di queste. La Basilicata mantiene, insieme a qualche altra regione meridionale, il primato di migrazione sanitaria passiva, le liste di attesa sono ormai fuori controllo, di fatto negando ai lucani il diritto alla salute e costringendo i meno abbienti a rinunciare alle cure, per non parlare del deficit finanziario che si è tentato di coprire con l'annessione al San Carlo degli ospedali periferici. A questo si aggiunge la carenza ormai cronica di personale sanitario e il livello qualitativo delle prestazioni offerte.

In questo quadro non certo roseo, quale è la mission dell'azienda ospedaliera regionale?
In questo atto aziendale, dov’è l'analisi dei bisogni e delle criticità, il bilancio dei costi e dei benefici, un progetto di sviluppo futuro per i servizi offerti? In nome di quale logica si sopprimono o si istituiscono nuove strutture?

I presidi di Melfi, Lagonegro e Villa D’Agri quali prestazioni dovranno assicurare e con quale personale? Basterà anche lì individuare qualche struttura da affidare per evitarne la fine?

Nell’atto aziendale non troviamo alcun riscontro a queste domande: di ipotesi di sviluppo, analisi di bisogni o di costi benefici non ne abbiamo visto neanche l'ombra. D'altronde, come riportato nello stesso atto, viene esplicitata la volontà di prefigurare un assetto che potrà anche essere transitorio e rimesso in discussione entro il 2020, ammettendo l'impossibilità - dato l'attuale stato di avanzamento del processo di riordino - di indicare le strutture da riconvertire o sopprimere.

Nel frattempo, date le premesse, si ipotizzano 78 strutture complesse a fronte di un tetto massimo previsto di 80 e ben 105 strutture semplici su un tetto di 105 di cui 55 di nuova istituzione. Ora ci chiediamo “cui prodest?” Ai soliti amici degli amici in vista delle prossime elezioni?

L'assessore Franconi fermi l'atto aziendale del San Carlo che, se approvato, condizionerà pesantemente il futuro piano sanitario regionale.

Non si può e non si deve consentire una così forte ipoteca sulla sanità lucana per i prossimi anni da parte di un Commissario in scadenza.

 

Angelo Summa
Segretario generale Cgil Basilicata