È purtroppo molto negativo il saldo occupazionale della Basilicata che emerge dall’analisi dei dati riferiti al terzo trimestre 2017. Certo per una considerazione più completa bisognerà attendere l’acquisizione dei dati a saldo di anno, ma è possibile riflettere una tendenza e da essa trarre alcune conclusioni provvisorie. La tendenza è particolarmente negativa, soprattutto se la si raffronta con le buone performance della media delle regioni del Mezzogiorno e se, con riferimento ai dati ISTAT riferiti al mese di novembre 2017 (pubblicati oggi), nel paese aumenta seppur di poco l’occupazione. Ancora una volta maggiore per gli over 50 e per la fascia 15-24 anni, minore per tutte le fasce intermedie, a riprova della polarizzazione che vive il mercato del lavoro in Italia da molti anni a questa parte.
Dal terzo trimestre 2016 al terzo trimestre 2017 in Basilicata ci sono circa 3800 occupati in meno, sono oltre 4000 femmine e con un lieve recupero dell’occupazione maschile, +500; a fronte, per lo stesso periodo di tempo, di 108mila occupati in più nel Mezzogiorno, di cui 92mila maschi.
In percentuale l’occupazione in Basilicata scende, nel periodo considerato, del 2%, con una performance negativa al femminile (-5,9%) e una lieve ripresa al maschile (+0,5%).
Nella media dei primi tre trimestri del 2017 gli occupati sono circa 3300 in meno rispetto ai primi tre trimestri del 2016 e la flessione percentuale di -1,6 punti percentuali. Nello stesso periodo il Mezzogiorno recupera in media 64mila occupati (di cui 42mila maschi e 22mila femmine), con una variazione positiva percentuale del +1,1%.
Il calo degli occupati (da trimestre a trimestre) riguarda soprattutto gli indipendenti (circa 6mila unità in meno), con una variazione percentuale di -11% e +1,6% per quanto riguarda i dipendenti. A conferma di quanto fosse fragile il mercato del lavoro in Basilicata sul raffronto offerto con i dati relativi a tutto il 2016 (nota di aggiornamento del 20 aprile 2017 su http://www.iresbasilicata.it/basilicata-2017-una-regione-che-non-demorde-ma-che-non-morde/). E della fragilità e scarsa qualità del mercato del lavoro, purtroppo, riscontra anche l’ultimo aggiornamento sulle tipologie contrattuali, offerto da INPS, che registra un forte calo delle assunzioni a tempo indeterminato (in Basilicata flettono nei primi tre trimestri di circa 1000 nel saldo fra assunzioni e cessazioni) ed un continuo aumento delle posizioni a tempo determinato, oltre che l’aumento del part time involontario.
I settori maggiormente colpiti dal calo occupazionale sono l’industria e le costruzioni, con circa 1500 occupati in meno nel primo caso e circa 600 in meno ne secondo. Percentualmente il calo rispettivo è del -4,5% e -3,4% a fronte di un considerevole aumento, specie per il settore edilizio, di regioni vicine come la Puglia (+12%), la Campania (+31,5%), il Molise (+29,1%). A dimostrazione che anche su questo settore, che in Basilicata come in tutto il paese sconta la crisi più drammatica degli ultimi 15 anni, non c’è una tendenza generalizzata ma è possibile riscontrare traiettorie diverse a seconda dei casi e degli investimenti.
Continua ad aumentare l’occupazione solo nel settore legato al commercio, alberghi e ristoranti, con una variazione positiva di +5,8%, dato probabilmente legato allo sviluppo di attività legate al turismo ed ai servizi commerciali in una regione che conosce importanti occasioni di sviluppo del settore, ma da cui non è facile, né opportuno, trarre indicazioni generali sulla traiettoria complessiva di sviluppo.
In questo preoccupante scenario l’occupazione totale in Basilicata scende, decisamente, sotto la soglia dei 190mila addetti, più bassa dei livelli del 2015 e con una popolazione lavorativa di 15-34enni e over55 che si avvicina, entrambe intorno al 22% del totale dello stock di occupati. Anche questa tendenza non isolata ma purtroppo nazionale (l’Italia è da questo punto di vista il paese con la maggiore difficoltà di un’occupazione per i giovani e con una popolazione giovanile occupata tra le più basse, basti pensare che alle porte della crisi i 25-34enni che lavoravano in Italia erano il 70% del totale della fascia di età e nel 2016 scendono al 60%). Tuttavia il dato lucano è ancora più allarmante se al saldo occupazionale si sommano gli effetti demografici con la costante perdita di popolazione giovanile e non solo ed il continuo invecchiamento (181% tasso di invecchiamento nel 2016 e -5,7 per mille il saldo demografico).
Ancora nel 2016 sono stati oltre 10 mila i lucani che hanno lavorato in altre regioni o all’estero, dato simile a quello del 2015. Circa 5500 hanno lavorato in altre regioni ma del Mezzogiorno mentre circa 4700 sono stati interessati dal fenomeno del pendolarismo per motivi di lavoro verso le regioni del Centro-Nord (91,2%) e all’estero (8,8%). I pendolari di lunga distanza sono stati in prevalenza maschi (63,8% circa), il 2,4% dell’intero stock di occupati in regione, incidenza non marginale.
Senza un cambio nelle politiche di programmazione, che pongano in essere un piano strategico di investimenti, che abbandonino la logica dei bandi e degli incentivi indistinti, ma puntando su infrastrutture, digitalizzazione, innovazione e valorizzazione delle aree interne; senza correttivi che incidano sulla struttura del mercato del lavoro e senza riconsiderare la struttura dei servizi in modo da ridurre le difficoltà di accesso e di continuità tra lavoro e tempi di vita; senza policy in grado di rafforzare i punti di maggiore competitività del sistema locale difficilmente si potrà arrestare questa situazione di crisi che da tempo interessa il nostro territorio.