Si continua a sbagliare strategia nella complessa gestione del petrolio e royalties
Non è immaginabile pensare di risolvere le questioni del buco di bilancio regionale chiedendo l’anticipo delle future royalties .
Saremmo in presenza di un atto che assume le caratteristiche di una ulteriore sudditanza e sottomissione alle compagnie petrolifere.
I fatti recenti, che hanno portato alla chiusura del centro oli lo scorso 31 marzo, hanno messo in evidenza la fragilità e la debolezza del sistema dei controlli della regione e degli enti preposti. Il problema è e rimane quello di garantire prima di tutto un sistema di controllo e monitoraggio che assicuri i livelli di salvaguardia ambientale e sicurezza in piena trasparenza . Questa è la condizione essenziale senza la quale la frattura tra ambiente e petrolio sarà sempre più difficile da colmare.
Questa la premessa dalla quale non si può prescindere anche nell’analizzare l’impatto che il blocco del centro oli ha avuto sul tessuto economico della nostra regione.
Il fermo delle attività ha messo sicuramente in evidenza la dipendenza dal petrolio della tenuta economica del bilancio regionale, un bilancio che si è retto nella parte di spesa corrente quasi esclusivamente sulle royalties : un’alterazione, in quanto quelle risorse dovevano essere vincolate allo sviluppo e non al mantenimento della gestione ordinaria. Questa modalità ha drogato la finanza pubblica!
Si è dato, infatti, corso ad una vera e propria anomalia. La finanza regionale dovrebbe sostenersi con risorse proprie, implementate attraverso riforme della governace, come del resto avviene in tutte le altre regioni. In Basilicata si è scelto di garantire i servizi con le risorse delle royalties che dovrebbero essere, come sono, risorse aggiuntive destinate allo sviluppo.
Bisogna invertire il carattere della spesa pubblica. Destinarli all’università, piuttosto che a sagre e feste, è giusto perché il sistema universitario del mezzogiorno, stante l’attuale quadro normativo nazionale ed in particolare i criteri di ripartizione del FFO, rischia una vera e propria desertificazione umana e culturale, ma bisogna anche chiedere conto all’università di come vengano utilizzate quelle risorse.
Il petrolio e tema strategico di grande rilevanza che non può essere gestito con le stesse modalità degli ultimi anni . Serve un nuovo patto con i sindaci della val d’agri , con le parti sociali per ridefinire un nuovo accordo che finalizzi le risorse in due direzioni: da un lato un nuovo patto con il governo sul piano infrastrutturale affinchè la val d’agri e la basilicata abbiano quelle dotazioni infrastrutturali che ci mettano nella condizioni di superare l’attuale gap, dall’altro un confronto a tutto campo con ENI e MISE affinchè si avvii una discussione sulla riconversione dell’attivita industriale petrolifera dell’area .
La politica di reindustrializzazione della val d’agri va definita oggi, quando l’attività estrattiva è ancora in corso , cosi come avviene negli altri Paesi industrializzati ,vedi Stati Uniti , sapendo che bisogna agire per tempo se si vuole assicurare a quella parte del territorio che tanto ha dato uno sviluppo che vada al di là dell’esaurimento dell’attività estrattiva.
E allora un tema cosi rilevante, da cui dipende il destino di una intera regione, necessita di un confronto ampio e di merito che non può essere confinato alla sola emergenza economica o occupazionale .
Serve una strategia di lungo periodo e la più ampia condivisione politica e sociale che tuttavia l’attuale classe dirigente non ha saputo garantire. Una classe dirigente che si è impoverita di saperi, mediocre e priva di capacità programmatica, che si è lasciata imbrigliare in una dipendenza “tossica” dal petrolio .
Oggi, già focalizzare una discussione compiuta e condivisa, sviluppare una consapevolezza ed un'informazione compiuta su tutti i temi legati al petrolio, sarebbe un passo avanti per poter essere poi veramente liberi di scegliere e di decidere le priorità necessarie allo sviluppo di questa regione.