Si è svolto oggi alla Primula di Potenza, alla presenza del segretario generale Cgil Basilicata Angelo Summa, il nono congresso regionale Fisac Cgil Basilicata che ha confermato segretario generale Vincenzo Atella.
La crisi degli istituti bancari in Basilicata è stato il centro della relazione di Atella che ha detto: “Il perdurare della crisi e il suo rapido evolversi in crisi economica ha evidenziato forti problematicità nella gestione di molti Istituti bancari italiani e la gestione clientelare del credito posta in essere da alcuni dirigenti hanno acuito situazioni già critiche fino a provocare il default di alcune banche minando alla base il rapporto fiduciario banca-cliente ingenerando inoltre un forte contrapposizione tra clienti e lavoratori bancari.
L'innovazione tecnologica e finanziaria, la maggior apertura del mercato italiano all'ingresso di operatori esteri, le nuove e più restrittive regole nella erogazione del credito – ha continuato - hanno determinato per i gruppi bancari di medie dimensioni, da un lato la necessità di processi aggregativi che consentissero loro di raggiungere obiettivi di rafforzamento competitivo preservando le specificità di competenza e radicamento territoriale e, dall'altro l'"obbligo" di intervenire con fusioni o incorporazioni in situazioni di grave crisi di alcune banche”.
In particolare in Basilicata “l'inerzia politica e amministrativa di questa consiliatura, sorda alle sollecitazioni della società civile, delle organizzazioni sindacali e del mondo del lavoro e tutta orientata alla gestione del potere più che a mettere in campo politiche attive per il lavoro, welfare e sanità ha impedito di mettere a valore le pur numerose risorse del territorio. Ne è un clamoroso esempio l'immobilismo decisionale e la mancata volontà politica dell'ente Regione di dare soluzione all'annosa vicenda che vede protagonista Sviluppo Basilicata, società in-house della stessa Regione per la quale, fallito (o lasciato fallire) il progetto di trasformarla in Finanziaria regionale e in perenne attesa di adeguati finanziamenti, non si riescono a determinarne scopi e funzioni.
Più in generale il comparto del credito con il progressivo e continuo diradamento della presenza bancaria in regione che, iniziato con la totale scomparsa delle banche lucane (risalgono ormai alla notte dei tempi realtà come la Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, la Banca di Lucania, la Banca Popolare di Pescopagano, la Banca Mediterranea) e dei presìdi territoriali delle banche nazionali continua con lo stillicidio di chiusure di sportelli, piani di prepensionamento, esodi, esternalizzazioni e dismissione delle commesse affidate ai centri servizi.
Ne sono ulteriori significativi esempi le vicende di BancApulia già gruppo Veneto Banca poi Gruppo Intesa San Paolo e, a breve, semplicemente Intesa San Paolo SpA o l’ennesimo piano industriale di Ubi Banca ancora una volta orientato alla chiusura di sportelli in regione. Non hanno avuto migliore sorte le Banche di Credito Cooperativo anch’esse sensibilmente ridotte di numero e probabilmente destinate a diminuire ulteriormente a seguito della riforma del settore.
È superfluo sottolineare quali gravi ripercussioni tali scenari abbiano avuto sull’economia lucana e sul risparmio delle famiglie con milioni di euro perduti a seguito di azzeramenti di capitale sociale e collocamento di prodotti rischiosi non adatti al piccolo risparmio. Il progressivo invecchiamento della popolazione bancaria in regione, non supportato da un’adeguata politica di assunzione giovanile – ha concluso - oltre a renderci ulteriormente arduo il compito di allargare la base sindacalizzata, non lascia spazio a previsioni ottimistiche circa il futuro del credito in Basilicata se non si registrerà nel breve una netta inversione di rotta nel modo di affrontare la crisi da parte delle banche, orientato ad incidere esclusivamente sui costi del personale, e se non riusciremo a dotarci di strumenti contrattuali più incisivi”.
Un focus poi sulla Banca Popolare di Bari. “L’accordo sottoscritto nel mese di agosto del 2017 e l’estrema difficoltà incontrata dal sindacato per garantire la stabilizzazione di 110 lavoratori con contratto a termine altrimenti destinati al licenziamento alla scadenza – ha dichiarato - dimostra, ove ce ne fosse bisogno, che in diverse occasioni siamo in possesso di armi spuntate. Ciò detto, appare ovvio che la responsabilità di una netta inversione di tendenza attiene in primo luogo alla politica, al governo nazionale e al governo regionale cui dovrà affiancarsi un diverso approccio del sistema creditizio. Governo regionale che mi auguro si farà carico di individuare modalità, forme e tempi per la realizzazione di tavoli concertativi ai quali trovino posto, oltre alla stessa Regione Basilicata, le associazioni imprenditoriali, i consorzi di garanzia collettiva, le direzioni territoriali delle banche nazionali e le direzioni di ciò che resta delle aziende di credito locali. È in questo contesto che il sistema creditizio dovrebbe assumere impegni chiari ed esigibili in merito alla concessione di finanziamenti alle imprese, alla rapidità nel rispondere alle esigenze della clientela ed all’assunzione di nuove politiche dei tassi”.
Un cenno, infine, al Contratto collettivo nazionale ABI che scadrà il 31 dicembre di quest'anno. “Il prossimo contratto – ha affermato Atella - dovrà confrontarsi con la sfida epocale lanciata al mondo del credito dalla trasformazione tecnologica che avanza rapidamente e che, se non governata e contrattata, rischia di determinare ulteriori rischi di espulsioni dal mondo del lavoro (6.000 sportelli chiusi nel periodo 2008-2017 ne sono una più che preoccupante avvisaglia”.
Ha concluso Angelo Summa: “In un contesto di crisi quale quello attuale bisogna trovare un nuovo equilibrio tra capitale e lavoro, perché è in questo binomio che si cela il problema delle diseguaglianze. L’unico modo per trovare questo equilibrio è restituendo rappresentanza politica al lavoro. Un obiettivo difficile con il governo attuale che sta attuando una manovra finanziaria contraddittoria, tutta piegata sul consenso. Se da una lato, infatti, si guarda alla povertà in modo singolare con il reddito di cittadinanza, dall’altro però si pongono azioni tese ad abbassare le tasse a chi non ne ha bisogno e a lasciare la flat tax dentro un sistema di privilegi, evitando del tutto la vera riforma fiscale che si attua solo attraverso la lotta all’evasione. Da qui passa la redistribuzione della ricchezza, insieme al welfare e allo sviluppo. Elementi che mancano nella manovra finanziari dove nemmeno un euro è stato stanziato per il Mezzogiorno”.