Non sappiamo chi ha suggerito all’amministratore delegato dell'Eni di prospettare un piano d’investimenti nella nostra regione finalizzato ad ottenere il “consenso delle popolazioni”, ma di certo non è questa la Basilicata che si deve raccontare De Scalzi, le cui recenti dichiarazioni non fanno altro che procurare ulteriore diffidenza. Subordinare potenziali investimenti in Basilicata ad un "patto di non belligeranza" con la popolazione locale non è certo la strada da perseguire in una terra che, nel corso della sua storia più significativa, come nelle giornate di Scanzano ha saputo rifiutare, con il miglior protagonismo civile e sindacale, ogni forma di lusinga preordinata ed imposta”.

Questo è quanto anno dichiarato, in un comunicato stampa, i Segretari Generali di Cgil Cisl e Uil di Basilicata Summa, Falotico e Vaccaro, i quali hanno aggiunto: “probabilmente a De Scalzi mancano le informazioni del come l’Eni ha gestito e sta gestendo l’attività estrattiva in Basilicata. Le contestazioni mosse dalla magistratura di Potenza sui comportamenti assunti dai dirigenti Eni e l’ultimo incidente che ha portato allo sversamento di greggio dai serbatoi del Cova dovrebbero quantomeno consigliare di utilizzare argomentazioni sobrie e di maggiore prudenza. Fatti preoccupanti che stridono con le ripetute affermazioni dell’Eni che assicura che l'attività estrattiva si svolge con le migliori tecnologie e nel pieno rispetto dell’ambiente.

Non sono, dunque, i lucani a non essere aperti al dialogo, ma è la loro legittima pretesa alla conoscenza scientifica dei dati di contesto ambientale, sanitario perfino occupazionale e produttivo ed alla loro trasparente diffusione a motivare sempre più diffidenza nei confronti di Eni. E’ infatti evidente a tutti quali siano le sue responsabilità come altrettanto evidente è che ciò è stato reso possibile dall'assenza di un sistema di controllo pubblico efficace. Nonostante siano passati quasi 20 anni da quando è iniziata l’attività estrattiva, ancora oggi ci ritroviamo a discutere di accreditamento dei laboratori dell’Arpab che, nonostante personale motivato, continua ad essere rappresentata da una Direzione non adeguata e confusionaria oltre che di un dipartimento ambiente privo di risorse umane e competenze dedicate a svolgere quell'attività di programmazione e tutela ambientale che le è propria.

Per questo solo partendo dalla valutazione di ciò che è accaduto negli anni ed assumendo la centralità della questione della sicurezza degli impianti e della tutela della salute e dell'ambiente è possibile aprire un confronto, senza condizionamenti e ammiccamenti che finiscono più per nuocere che per motivare incontri, discussioni, confronti.

Eni è anche e soprattutto un’azienda di Stato e la Basilicata, con il massimo senso di responsabilità per il deficit energetico dell’Italia, ha dato molto di più di quello che ha purtroppo ottenuto sia da Eni che dal governo nazionale. Valga per tutti un unico dato: nessuna parte degli investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo nei settori dell'energia alternativa fatti da Eni per svariati miliardi di euro ha interessato ed interessa la nostra regione.

E’ dunque necessario assumere la questione della sicurezza e degli investimenti in nuove tecnologie che ne garantiscono prima di tutto la sostenibilità ambientale come condizione e presupposto imprescindibile di eventuali nuovi accordi sulle compensazioni da finalizzare a nuovi investimenti in energie alternative e in attività produttive indotte che valorizzino il territorio e l'occupazione locale. Inoltre Eni sappia dimostrare, senza pressioni improprie e irricevibili, di sfruttare il suo lungo ed importante campo di compartecipazioni aziendali per scegliere la Basilicata come destinazione virtuosa rendendola un hub d’innovazione strategico per tutto il Paese