Una regione in chiaro scuro con qualche segnale di ripresa
ma lontana dal superamento della crisi

Cresce leggermente l’occupazione, aumentano spopolamento e pendolarismo

È una Basilicata in chiaroscuro quella che si presenta nel 2017 secondo l’ultimo rapporto Ires Cgil Basilicata presentato oggi alla stampa nelle sede della Cgil in via del Gallitello a Potenza dal presidente Ires Cgil Basilicata Giovanni Casaletto e i ricercatori Pierluigi Smaldone e Maria Antonietta Maggio.
Agli elementi di moderato ottimismo si associano forti criticità relative alla dimensione del lavoro, al dato demografico e alla sua economia più in generale. Il quadro offerto vede, a partire dalla seconda metà del 2014, una moderata inversione del trend recessivo con una tendenza al miglioramento che va guardata in chiave più ampia e comprensiva dei tanti indicatori che ci restituiscono lo stato di salute dell’economia e della società regionale.
I segnali positivi sono senza dubbio da cogliere con riferimento alla dinamica occupazionale, che più si avvicina ai livelli occupazionali pre-crisi. Tuttavia, disaggregando il dato, si colgono sfumature e aspetti che non lasciano presagire una vera e propria fuoriuscita.

Occupazione
La disoccupazione, infatti, nel 2016 scende dal 13,7% al 13,3% con un totale di 192.500 occupati. Anche la disoccupazione giovanile cala dal 47,7% al 34,2%. Un dato che, comparato con il forte calo demografico, il pendolarismo e la differenza tra lavoro dipendente e indipendente, non è da cogliere come del tutto positivo.
In particolare, a fronte di un aumento dell’occupazione dipendente pari al +0,7% si riscontra una occupazione indipendente pari a +5,1% tra il 2015 e il 2016. Nello stesso arco temporale i lavoratori dipendenti crescono nel Mezzogiorno del +2,3% e diminuiscono gli indipendenti del -0,1%; in Italia i primi crescono del +1,9% e i secondi flettono lievemente del -0,5%. A questi aspetti bisogna aggiungere l’alto tasso di pendolarismo, già riscontrato per il 2015 e in aumento nel 2016. Secondo i dati relativi

al terzo trimestre 2016, su 19.0975 occupati residenti in Basilicata, 1.0171 lavoravano fuori regione e l’82% di questi sono laureati e diplomati.

Dato demografico
Per quanto riguarda il dato demografico, al primo gennaio 2017 i residenti in Basilicata sono 570.004. Rispetto al 2016 la popolazione si riduce di più di 3.000 unità. Se a ciò si aggiunge l’età media elevata e l’indice di invecchiamento pari al 181%, è evidente come si sia in presenza di un continuo svuotamento delle coorti più giovani di forze lavoro.

Export e restringimento credito
Con riferimento all’export, la gran parte del valore delle esportazioni è riferibile negli ultimi due anni (2015 e 2016) alle performance del settore dell’automotive (70% circa). Laddove si evidenzia una dinamica relativa alla presenza di imprese a partecipazione estera e a segmenti di produzione a cosiddetta domanda dinamica (quelle che inglobano la gran parte delle competenze formali e di capitale umano secondo ISTAT), si nota di contro una diminuzione dei fatturati e una scarsa capacità diffusiva di competenze e progettualità nelle imprese presenti sul territorio circostante.
Infine il credito. Dopo il 2015 riprende il processo di restringimento del credito, sia delle famiglie sia della pubblica amministrazione, che vede un calo consistente (-7,7%). Sono questi ulteriori indizi di come la parte prevalente del sistema produttivo locale sia ancora interessata da volumi di attività modesti e da condizioni operative non ottimali, ancora al di sotto dei livelli pre-crisi, in particolare se si considerano le non eccessive performance del settore edilizio e delle costruzioni e se si tiene presente che gran parte della capacità propulsiva nelle regioni del Mezzogiorno dipendono ancora dalla capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni.

Commenta il presidente Ires Cgil Basilicata Giovanni Casaletto: “Nella perdurante difficoltà demografica e dello spopolamento sempre più in aumento, le strategie per la Basilicata dovrebbero contemperare un giusto mix tra attacco e difesa. Da un lato, una regione che gioca in attacco e prova ad affrontare con decisione alcune esigenze di prospettiva: il rafforzamento dei punti di maggiore competitività territoriale (Fca, Val d’Agri), in particolare sulla Val d’Agri dove è impensabile una riconsiderazione del comparto produttivo senza una rinnovata strategia produttiva, sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. Ancora, il rafforzamento della proiezione estera delle imprese presenti, una riflessione sui centri di ricerca e sviluppo come il campus Fca,

mettendo gli stessi in grado di fornire un supporto di definizione strategica nei processi e nei prodotti e provando ad elevare gli standard di competitività territoriale.
Dall’altro, una Basilicata che gioca in difesa, una regione che prova a mantenere un modello sociale di coesione e protezione dal bisogno, specie in una fase storica che la vede sempre più invecchiare e vede in netto aumento l’indice di dipendenza strutturale (cioè la crescita delle fasce 0-14 anni e 65 anni e oltre sul totale della popolazione in età da lavoro), mediante processi di qualificazione delle politiche di cura della persona, processi di riorganizzazione del sistema sanitario e la preferenza per politiche di “prevenzione” e “prossimità”, processi di infrastrutturazione delle maglie sociali e del supporto alla maternità. Infine mediante politiche non di sola accoglienza degli stranieri e dei richiedenti asilo, ma attraverso strategie di integrazione e inserimento lavorativo di fasce sempre più importanti di giovani provenienti da altre parti del pianeta, più sfortunate della nostra”.
Conclude Angelo Summa, segretario generale Cgil Basilicata: “Bisogna puntare sull’innovazione, pensare oggi a come rafforzare le imprese lucane affinché siano più competitive sul mercato globale, recuperare il gap che esiste con il resto dell’Italia sulla banda larga e la digitalizzazione e investire nelle infrastrutture sociali, invertendo la tendenza secondo la quale rappresentano dei costi e non un investimento. Il tema dei temi non è trovare le risorse che esistono, come i fondi europei, ma capire dove direzionarle e programmare il loro investimento”.