Se passa la riforma la Basilicata e il Mezzogiorno non avranno più voce in capitolo
“La Costituzione è la carta di tutti e non si può modificare in questa maniera come sta facendo il governo. Quando si discutono le regole generali è necessaria la massima condivisione. Invece qui, nel tratto costituzionale, c’è un’eccessiva verticalizzazione. La verticalizzazione dei poteri, lo svuotamento dei ruoli e delle assemblee elettive, dove insiste la rappresentanza dei cittadini e dei lavoratori, insieme a questo esproprio del territorio e delle Regioni, fa sì che oggi si passi dell’estremo federalismo che andava correndo dopo il 2001 a un neo centralismo nazionale. Le Regioni e soprattutto i cittadini non avranno più poteri su materie importanti. Andiamo verso un’idea politica di questo Paese che è la subordinazione delle classi dirigenti ai governi in generale, regionali e nazionale. L’idea che sottende questa riforma è pericolosissima perché la politica non ci sarà più ma solo i governi. Qui siamo in presenza di governi nazionali che utilizzano il rapporto politico dei territori e delle Regioni per dare risorse. Questo lo vediamo anche nella nostra regione, rispetto a come il governo regionale utilizza le risorse nei rapporti con i sindaci, decidendo discrezionalmente se rilasciare delle risorse a un territorio o a un altro”.
E’ quanto ha dichiarato il segretario generale Cgil Basilicata Angelo Summa alla tavola rotonda "Costituzione, Lavoro, Sud” coordinata dal giornalista Massimo Giannini al Cinema comunale di Matera e alla quale hanno partecipato il segretario Cgil nazionale Danilo Bardi, il politico italiano e già sindaco di Roma Ignazio Marino e il deputato lucano Roberto Speranza.
“Lo svuotamento totale di qualsiasi funzione politica e democratica – ha continuato Summa - lascerà le Regioni senza più voce in capitolo e questo vale per la Basilicata più di altre perché tu oggi hai una legislazione che su certe materie dà la possibilità ai cittadini di poter decidere dello sviluppo del territorio, ma nel momento in cui si modifica il titolo V e si stabilisce la clausola di supremazia con cui lo Stato avoca a sé quelle funzioni, è evidente che i territori non hanno più nessuna ragione. Questa modifica indebolirà pertanto le classi dirigenti e il mezzogiorno, sparito dall’agenda politica del Paese. Se i governatori regionali saranno subordinati al potere politico nazionale e se la legge elettorale rimarrà invariata, avremo una classe dirigente che non costruisce il futuro della rappresentanza politica dei territori sull’azione ma sulla subordinazione alle classi dirigenti nazionali. Questo è il punto vero”.
Sulle conseguenze della riforma in Basilicata, inoltre, ha aggiunto: “Ma vuoi che la faccia Renzi la politica del Mezzogiorno o le classi dirigenti del sud? E se mi modifichi il titolo V su una parte essenziale come la materia energetica rispetto alla quale i territori possono ancora rivendicare, pensate che la Basilicata possa avere ancora una prospettiva di sviluppo o di esistenza nella conferenza Stato – Regioni? La Basilicata si trova oggi nella crisi in cui è nonostante il contributo che ha dato al Paese a partire dall’accordo del ‘98 e l’accordo del 2006 che non hanno avuto ricadute infrastrutturali anche a causa della nostra responsabilità su come abbiamo utilizzato quelle risorse e su come abbiamo portato avanti negoziato.
Ci sarà un Senato che non solo non verrà eletto dai cittadini ma che sarà svuotato di ogni competenza e funzione. Perché in un Senato che non discute del bilancio, cosà potranno mai fare i rappresentanti dei territori? Una ragione in più al sud e in Basilicata – ha concluso il segretario generale - per votare no e restituire a queste regione la capacità di poter incidere nelle scelte politiche. Il gap che c’è con il resto del Paese non lo recuperiamo più se passa questa riforma. Che peso potrà avere una regione piccola come la Basilicata che avrà al massimo due rappresentanti e così anche le atre regioni del sud, che conteranno un terzo rispetto alle altre regioni e non avranno più voce in capitolo. È una riforma pericolosa, che non abroga nulla se non il diritto di voto del cittadino”.